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HOP_Scambio di Buone Pratiche a Dubrovnik (HR)

Il nostro progetto HOP – History Of People ha raggiunto il suo ultimo scambio di pratiche!🇪🇺✨

🗓️ Abbiamo iniziato con una visita guidata sulle Mura della Città Vecchia e nei musei locali; presso la Casa Museo di Marin Držić, esperti hanno condiviso approfondimenti sulle sue opere letterarie e sulla sua vita. Verso sera, abbiamo sperimentato le tradizioni e la storia vinicole locali alla Škar Winery di Dubrovnik.

🗓️ Nel nostro ultimo giorno, abbiamo esaminato il Manuale e Metodologia del progetto e utilizzato l'”HOP Canvas” per pianificare i nostri Piani di Azione locali per il prossimo anno.

Grazie ancora al nostro partner ospitante Muzej crvene povijesti / Red History Museum per averci accolto.

Rimanete sintonizzati per le novità del progetto🌍🌞

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HOP – Scambio di Buone Pratiche a Kavadarci (MK)

La nostra terza mobilità del progetto “HOP – History of People” si è svolta in Macedonia del Nord! 🇲🇰

Il 20 luglio, siamo stati accolti nell’ufficio del nostro partner Scientia Nova Association a Kavadarci per un interessante scambio di buone pratiche. Abbiamo poi discusso la Metodologia del progetto con i nostri partner Muzej crvene povijesti / Red History Museum (🇭🇷) e Сдружение “Развитие на социалния капитал” (🇧🇬) e, per concludere, abbiamo gustato un pranzo di cibi tradizionali locali e fatto visita all’antica città macedone di Stobi.

Il giorno seguente, siamo stati nella splendida regione di Ohrid e nelle sue aree protette dall’UNESCO: abbiamo visitato insediamenti preistorici nella Baia delle Ossa, situata nelle acque del Lago di Ohrid, e il patrimonio culturale del Monastero di San Naum. Infine, la Chiesa di San Giovanni a Kaneo, che offriva una vista incredibile della zona di Varosh – la città vecchia di Ohrid. 🏞️🌇

Grazie ancora al nostro partner Scientia Nova per la l’ospitalità!

C’è ancora molto da fare e molte idee da mettere in pratica.

Ci vediamo a Dubrovnik 🙂

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HOP_Laboratorio di Scrittura

✍🏽VERSO LE ORE 12✍🏽

Le storie del gruppo di lavoro del progetto HOP – History Of People stanno prendendo forma!

Siamo partiti da un fatto di cronaca del 1945 e dai suoi protagonisti, marito e moglie – lui con un passato da legionario dell’Africa Orientale Italiana.

Da questo espediente, abbiamo provato (e continueremo!) a scrivere brevi ma documentati racconti storici, singolarmente e in gruppi, che ne raccontino il contesto e i personaggi.

A guidarci è stato e sarà Gabriele, responsabile editoriale ed esperto di attività redazionale.

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HOP_Scambio di Buone Pratiche a San Benedetto del Tronto (IT)

Che bello avervi tutti in Italia!🇮🇹🇪🇺

Per il progetto HOP – history Of People, i nostri partner sono venuti a San Benedetto del Tronto per una mobilità di tre giorni.

Abbiamo discusso della Metodologia del progetto e dei relativi risultati attesi, scambiando punti di vista e discutendo di possibili miglioramenti da apportare al documento.

Le visite alla città medievale di Ascoli Piceno e al Museo del Mare di San Benedetto ci hanno poi offerto l’opportunità di discutere della protezione e promozione del patrimonio culturale in Italia, nonché di confrontare il tema di come il patrimonio e la storia siano considerati nei paesi partner🌍

Durante la mobilità, abbiamo esplorato le implicazioni politiche, culturali e pratiche di questi approcci e le varie prospettive internazionali riguardo la promozione (troppo spesso tradotta in semplice protezione!) del nostro patrimonio culturale. ✨

Ci vediamo in Macedonia del Nord, per il terzo Scambio di Buone Pratiche 🙂

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HOP_Laboratorio di Scrittura

Scrivere è liberatorio: aiuta a rilassarsi, concentrarsi, e prendersi del tempo per riflettere.

Ma come affrontare la “paura del foglio bianco“?

Con il Laboratorio di Scrittura del progetto HOP – #historyofpeople, abbiamo cercato di capire come si imposta un racconto storico:

  • da cosa partire (un personaggio? un evento?)
  • che tipo di scrittura scegliere (individuale, collettiva)
  • che tono di voce adottare (prima persona, terza persona, discorso diretto, discorso indiretto)

A guidare le giovani ragazze e i giovani ragazzi del Gruppo di lavoro è stato Gabriele Mastroleo, responsabile editoriale ed esperto di attività redazionale.

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HOP_Scambio di Buone Pratiche a Ruse (BG)

Sono stati giorni intensi a Ruse, Bulgaria 📣

È possibile promuovere e comunicare la #historyofpeople parlando del patrimonio culturale?

E’ ciò su cui ci siamo interrogati e abbiamo discusso durante la prima #mobilità del progetto HOP – History Of People.

E’ stato un entusiasmante scambio di buone pratiche, tra monumenti e luoghi storici e guidati da esperti ricercatori e storici locali; il tutto, circondati da Banitsa e altre delizie locali!

Grazie ai nostri #partner:
🇲🇰Scientia Nova Association

🇭🇷Muzej crvene povijesti / Red History Museum

🇧🇬Сдружение “Развитие на социалния капитал”

Ci vediamo in Italia per il secondo scambio pratiche!

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HOP_Laboratorio di Ricerca Storica

Per il progetto HOP – #historyofpeople, siamo stati in Archivio di Stato a Macerata!

Abbiamo toccato con mano documenti del #catastogregoriano#attinotarili#ruolimatricolari#sorvegliatipolitici#internaticivili ed #ebrei e processi della #cortedassise.

Abbiamo anche trovato il “corpo del reato“: uno scritto teatrale, sottolineato nelle sue parti incriminanti: fede, teoria economica, Bolscevismo.

Un modo molto interessante per concludere il laboratorio di ricerca del progetto.

Grazie al nostro esperto storico e ricercatore Matteo Petracci per aver seguito e guidato il laboratorio!

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Hate speech e la SeaWatch3

Clickbait e influencer marketing: due messaggi d’odio a confronto


1. Il clickbait: “CLICCA QUI PER AMMAZZARLI TUTTI”

Mercoledì 26 Giugno 2019, mentre la Capitana Carola Rackete, dopo 14 giorni di attesa sul confine delle acque territoriali italiane, dirige la nave Seawatch3 con a bordo 42 naufraghi verso la costa di Lampedusa, una Deputata di un partito di Destra pubblica un tweet (che non linkiamo, perché portare traffico al discorso d’odio non è mai una buona idea).
Dice:

E ora affondiamo la #SeaWatch!

Allegato al tweet anche un video, in cui la signora, con aria agitata, spiega meglio il suo punto di vista (se proprio volete, leggetevelo qui).
Ovviamente nel video non invita ad affondare la nave con i migranti a bordo… anche se mentre lo pubblica i migranti sono ancora a bordo, quindi la tempistica risulta piuttosto sospetta.
Lo sappiamo: la signora in questione è poi andata in giro a dichiarare che “la sinistra sta spargendo in rete la bufala che vorrei affondare la nave con i migranti sopra. Sono talmente furbi che si sono limitati a leggere il titolo del post senza ascoltare quello che dico nel video”.
Pensiamo che la signora aveva già la dichiarazione pronta appena inviato il tweet… come tutti i clickbaiter.
Pubblicare un video titolando che bisogna “affondare la Seawatch3” è un invito al click che si basa sulla rabbia, sulla voglia di vendetta, di rivalsa delle proprie frustrazioni personali sulle 42 persone restate sotto il sole a largo di Lampedusa.
I distinguo, le varie spiegazioni e chiacchiere del video, arrivano dopo.
Intanto l’utente Twitter ha già cliccato sul messaggio d’odio.
Perché la signora (o meglio: i Social Media manager che le scrivono queste indecenze) non ha twittato: “come andrebbe gestito il caso della nave Seewatch3 una volta attraccata“?
Perché quel video non l’avrebbe guardato nessuno, ecco perché.
Si chiama “clickbait” e chi ha pubblicato quel tweet sa benissimo come funziona: non ci facciamo prendere per il culo, per cortesia.

Il tweet viene pubblicato, non a caso, quando la nave è ancora in movimento. Non è attraccata al porto, non è stata lasciata né dai migranti né dall’equipaggio.
Il collegamento è intuitivo, è immediato, disarma qualunque tentativo di spiegazione alternativa.
In un momento di altissima tensione, in cui la Seawatch3 è appena entrata nelle acque territoriali Italiane e si dirige a Lampedusa, questa signora non perde tempo e twitta “affondiamola!“.
“Affondare la Seawatch3” equivale, semanticamente, a un invito ad uccidere a sangue freddo l’equipaggio e i naufraghi a bordo.
Un messaggio dall’altissima intensità, dall’intento omicida e con un bersaglio ben preciso: i migranti.
Il primo modello [1] lo categorizza alla perfezione.


Analizzare il messaggio con il secondo modello [2], tuttavia, ci aiuta a rilevare due fattori non secondari, che caratterizzano questo invito ad “uccidere con un clic“.
Il primo è la assoluta mancanza di ironia. Ciò rende il messaggio ancora più aggressivo e dirompente: bisogna ucciderli.
In secondo luogo, l’uso dello stereotipo, in questo caso, è assente dal messaggio in quanto non funzionale. Al lettore interessato a questo tipo di messaggio d’odio viene lasciata “libertà di scegliere” perché uccidere i migranti.
Vuoi vederli morti perché ci vogliono sostituire?
Vuoi vederli morti perché vengono a rubare e stuprare?
Vuoi vederli morti perché vengono a fare la “pacchia”?
Vuoi vederli morti perché sono di pelle scura?
Va bene tutto, clicca qui.


La signora in questione non è interessata istituzionalmente dall’emergenza Seawatch3. Non ricopre incarichi di Governo, non ha voce in capitolo, può dunque permettersi clickbait quasi indolore. Non c’è un discorso politico, un’idea, una direzione di fondo a questo messaggio se non: odi i migranti? Anch’io, clicca qui!
Marketing politico basato sull’emozione del momento, vuoto di contenuti perché i contenuti non sono necessari: non avendo responsabilità di Governo, al personaggio in questione non è richiesto di agire.


2. L’influencer: “colpa dell’Europa cattiva e bacioni ai rosiconi”

Il 25 Giugno 2019, il Ministro dell’Interno Italiano, anziché affrontare la grave crisi della nave SeaWatch3 con i parigrado a livello Europeo, o stare in ufficio con i Funzionari del Ministero a studiare le carte e possibili soluzioni, dibatte pubblicamente della questione in qualità di ospite di un programma televisivo, per poi ovviamente scriverne su Twitter.
Anche qui, non vi linkeremo il tweet. Vi riportiamo però le parole testuali:

Non sono naufraghi, sono persone che pagano 3mila dollari.
Soldi che gli scafisti poi usano per comprare armi e droga. In italia non arrivano. Non mi faccio dettare leggi italiane da Ong tedesca su nave olandese.

Il signore in questione, lo sappiamo, si comporta sui media vecchi e nuovi più da influencer che da statista: mangia panini in ogni dove, fornisce la propria opinione su ogni cosa, compare fisicamente a farsi un selfie e quattro chiacchiere dove può e con chi può. Adotta anche uno stile di retorica “bacioni agli haters” che ricorda tanto Taylor Swift.
Il suo strumento di comunicazione dell’odio ci sembra proprio l’influencer marketing. Se non sapete cos’è, cercatelo su Google e fateci sapere se secondo voi calza al nostro Ministro dell’Interno.

In ogni caso, il tweet in questione a nostro giudizio esemplifica molto bene lo stile di trasmissione dei messaggi d’odio tipicamente adottato dal personaggio, e lo andremo perciò a catalogare secondo i due modelli.

Il modello [2] mostra bene, ci sembra, la relazione tra i bersagli, caratterizzati da livelli differenti di offesa e di stereotipazione, e l’azione, che è la stessa: respingere, allontanare.
La passivo-aggressività del messaggio emerge inoltre con la massima evidenza dall’uso della forma passiva (“non mi faccio dettare”) e impersonale (“in Italia non arrivano”) per determinare l’azione che si vuole compiere: respingere, appunto.

Il primo bersaglio: i migranti.

Il secondo modello [1] ci offre invece l’occasione di mettere meglio a fuoco i bersagli, e le modalità con cui vengono colpiti.
Il primo bersaglio è fin troppo facile da catalogare: i migranti, come sempre. I migranti di Schroendinger, che sono allo stesso tempo criminali clandestini pronti a sbarcare in Italia per rubare e stuprare, e ricchi lazzaroni che vengono in Italia a fare la bella vita a nostre spese.
Il focus sul migrante, con un livello relativamente basso di aggressività e di stereotipazione, è dovuto al fatto che in questo messaggio d’odio ci sono altri due bersagli.

Il secondo bersaglio: le ONG.

La criminalizzazione delle Organizzazioni Non Governative passa, allo stesso modo, da accostamenti e affermazioni basate su congetture e complotti: in questo caso, “armi e droga” abbinati al termine “scafisti”.
Si dà poi per scontato, che battere bandiera “olandese” ed essere “tedeschi” è già un grosso difetto: gli stranieri cattivi vogliono lucrare su noi povera gente, vogliono invaderci, e quant’altro.
I dati, come sempre, dicono tutt’altro (trovate qui un bell’articolo su The Vision sull’inesistente legame tra ONG e immigrazione), ma poco importa in un’ottica di colpevolizzazione. I dati sono per professoroni, noi ci basiamo sul “buonsenso”.

Il terzo bersaglio: l’Europa.

Il terzo livello è il più importante e di attualità rispetto agli altri due, che sono strumentali.
La procedura di infrazione da parte della Commissione Europea sta arrivando: è necessario prepararsi.

Si continua dunque con il leit-motif che ultimamente totalizza la narrazione online e offline degli spin doctor di questo signore: l’Europa cattiva.
La “bandiera Olandese” della nave “Tedesca” hanno semanticamente anche questo scopo: ricordare in maniera costante e didascalica, che il filo conduttore di tutto ciò che non funziona in Italia è l’Europa.
A scanso di equivoci: la revisione del trattato di Dublino, avvenuta nel 2016, contiene effettivamente alcune misure inique per i Paesi di prima accoglienza come il nostro, che andrebbero forse ridiscusse, e dall’altra parte anche molti Paesi “sovranisti” appartenenti al blocco di Visengrad non stanno rispettando gli accordi, rifiutando di accogliere le quote previste di migranti. Ma che il Ministro dell’Interno Italiano diserti tutte le riunioni istituzionali a Bruxelles sul tema delle migrazioni è un sintomo più che chiaro: non si vuole in alcun modo porre rimedio alle criticità, si vuole solo farci sopra del marketing politico.
Qui un ottimo articolo in merito da fonte molto più autorevole di noi (ASGI – Associazione per Studi Giuridici sull’Immigrazione).


Il messaggio d’odio che abbiamo preso qui ad esempio è soltanto uno tra le decine che questo signore pubblica quotidianamente. E per un politico di professione come costui, va da sé, qualsiasi forma di comunicazione non è e non può essere mai semplice boutade, mai opinione… ma strumento programmatico di marketing politico. Acquisizione di consenso.
Perché se costui volesse fare il suo lavoro (non il Segretario di un Partito, l’altro), cioè agire a livello di policy come il ruolo istituzionale attualmente gli consente, egli avrebbe tutti i dati e gli strumenti per discuterne nelle Sedi opportune ed elaborare delle soluzioni. Non mancano riferimenti tecnici e scientifici per analizzare le problematiche relative all’immigrazione, alla regolamentazione e al ruolo delle ONG e alle criticità nel funzionamento dell’Unione Europea.
I cambiamenti nella legislazione e le rinegoziazioni di trattati internazionali non possono essere effettuati sulla base del “sentimento popolare”. Non funziona così, e chi fa credere il contrario è o un truffatore o un irresponsabile.
In soldoni: le ondate migratorie non le gestisci abbandonando 42 esseri umani in balia del mare; il ruolo delle ONG non lo modifichi con un dibattito televisivo; i Regolamenti di Dublino non li ridisegni con un tweet.

Ma questo il Signor Ministro lo sa benissimo: i suoi spin doctor sono andati a scuola insieme a quelli di Trump.

A latere: la cosa più preoccupante in tutto questo è forse che nella narrazione sull’Europa cattiva, inseguendo le vicende di cronaca create ad arte per cercare visibilità e “attirare” elettori, si sta inserendo anche chi non dovrebbe (vero Emma?).
Cerchiamo di spiegare razionalmente da dove, secondo noi, bisognerebbe partire per dire qualcosa di sensato in merito: l’Unione Europea, per sua natura, è una struttura con tempi di reazione e di risposta alle crisi piuttosto lunghi. Uno di essi è il Regolamento di Dublino, che codifica la gestione dei rifugiati e dei richiedenti asilo a livello Europeo, in una prospettiva di medio termine.
Ora: se questo strumento non funziona, va ridiscusso. Se invece sono gli Stati ad averlo firmato senza poi rispettarlo, vanno puniti.

3. A CHI parlano costoro?

Lo scopo dei due messaggi è il medesimo: creare engagement nel pubblico per vendere un Partito politico.
Ci vediamo però anche delle differenze sostanziali.
I messaggi d’odio, le tecniche adottate e i bersagli scelti (abbiamo già provato a dimostrarlo qui) riflettono il pubblico di riferimento.
Le sue emozioni, le sue frustrazioni, e anche le sue specifiche demografiche.
Nel primo caso (clickbait) si prende di mira un segmento di popolazione già frustrato e arrabbiato, con tendenze razziste e xenofobe esacerbate dalla “violazione dei confini nazionali”. Si gioca sulle emozioni di rabbia condizionate dall’evento in corso, per portare momentaneamente il pubblico a condividere un messaggio di estrema violenza e aggressività, parzialmente smentito e attenuato poi dal video stesso, ma comunque comunicato.
Nel secondo caso, l’influencer offre un punto di vista passivo-aggressivo ad un segmento di popolazione totalmente digiuno di dati e di informazione su tre argomenti principali: le migrazioni, il funzionamento delle Organizzazioni Non Governative e l’Unione Europea.
Lo scopo del messaggio è creare engagement nella colpevolizzazione di questi tre bersagli. Soprattutto, aggiungeremmo, contro il “bersaglio grosso”, l’Europa, che a breve comunicherà la sua decisione sulla procedura d’infrazione contro l’Italia.
Questo messaggio, come le altre decine dello stesso tipo, che il Ministro dell’Interno pubblica quotidianamente, infarciti di opinioni non basate su dati reali e su stereotipi e schematizzazioni non dimostrate, aumentano gradualmente l’antipatia del segmento di pubblico verso i bersagli, e di conseguenza la simpatia nei confronti di chi li “fronteggia”, del Capitano che li combatte.
A questo proposito, un capitolo a parte lo merita sicuramente il discorso d’odio contro la Capitana Carola Rackete.
Lo tratteremo presto, stiamo raccogliendo materiale.


I due modelli di categorizzazione: le fonti

  1. L. Silva, M. Mondal, D. Correa, B. Benvenuto, I. Weber, “Analyzing the targets of hate in online social media” (2016)
  2. F. Poletto, M. Stranisci, M. Sanguinetti, V. Patti, C. Bosco, “Hate speech Annotation: Analysis of an Italian Twitter Corpus” (2017)

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Sempre di domenica

Prima delle elezioni, la situazione intorno all’equità generazionale e al contrasto al discorso d’odio si fa sempre piuttosto “calda”.
I politici, e a questo direi che siamo abituati, quando hanno bisogno di voti iniziano a strillare verso il loro gruppo target. 
Quello che, da qualche anno a questa parte, sta diventando preoccupante per noi di Eutopia, è che tanti, tantissimi, stanno strillando insulti e minacce a capri espiatori di vario tipo, per far contenti i propri potenziali elettori e soddisfare i loro stereotipi e pregiudizi.
Pensate, ad esempio, a quante se ne raccontano su/contro i giovani, alla narrazione costante sui millennials choosy e impreparati al mondo del lavoro. In TV e sui giornali, le testimonianze di “povere Aziende” che cercano lavoratori e non li trovano (perché i giovani non hanno voglia di lavorare) si moltiplicano. Noi sì che ai nostri tempi facevamo la gavetta!
La realtà, secondo noi, è semplicemente un’altra: l’Italia diventa un Paese sempre più vecchio e stanco, senza nessuna forza né intenzione di rendere migliore alcunché. Chi fa marketing politico lo sa e ci spara sopra per raccogliere consensi: guardate quanto sono cattivi questi immigrati, guardate quanto sono imbecilli questi giovani!
Pare che tutto ciò che non va nel presente sia sempre colpa di chi non piace al loro elettorato anzianotto e razzista, abituato a mangiarsi il futuro e rimasto senza più futuro da mangiare.
Ma noi resisteremo anche a quest’ondata di hate speech e di consapevoli bugie sull’Unione Europea, come anche sui giovani, sulle loro condizioni di vita e di lavoro.
E ci toccherà resistere anche a chi urla al Fascismo e alla violazione delle regole democratiche solo quando gli conviene, per guadagnare i voti impauriti di chi abbraccia i valori della convivenza civile e della solidarietà.
Siamo consapevoli che, dopo il 26 Maggio, i politici andranno ad afferrare le loro poltrone, e di tutti gli strilli che hanno affollato queste settimane non rimarrà che l’eco, pericolosa e subdola, di idee sempre più retrograde, e tecniche di marketing sempre più avanzate.
Noi, nel nostro piccolo, saremo ancora impegnati a cercare di smascherare quelle idee per ciò che sono (stereotipi e pregiudizi) e tentare di decodificare le subdole tecniche che le diffondono.

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La risposta ai nostri dubbi su “Figli costituenti”

Emanuele Pinelli, Coordinatore della Campagna, risponde ai nostri dubbi

La nostra su “Figli Costituenti“, la legge di iniziativa popolare sulla disuguaglianza generazionale per cui il partito +EUROPA sta iniziando a raccogliere firme, ve l’abbiamo già detta qui.
Poco dopo la pubblicazione del nostro post, Emanuele Pinelli, Coordinatore della Campagna “Figli Costituenti”, ci ha contattato per rispondere nel merito delle criticità che abbiamo riscontrato.

Un tentativo di “mettersi in scia” a Greta? Siamo onesti, un po’ di puzza di “giovanottismo” la si sente. Per essere più chiari, come tante altre manifestazioni di stima e fraterni abbracci di parole con la giovane attivista svedese, anche il lancio della campagna per la raccolta firme in concomitanza con la visita a Roma di Greta Thunberg desta in noi il terribile sospetto che sia l’ennesima iniziativa di marketing per strappare qualche voto ai millennials in vista delle Europee. Del resto, la corsa ai “giovani”, questi poveri disgraziati di cui tutti fanno finta di interessarsi finché gli conviene, sta passando da Greta per tanti: Partiti Politici e Istituzioni Pubbliche in primis, ma anche tante Organizzazioni Non Governative.

E. Pinelli: non ci serve il voto giovanile per il semplice fatto che ce l’abbiamo già. Più Europa è un partito dall’età media molto bassa, sia come iscritti sia come followers e simpatizzanti.
Che la narrazione dei media sul fenomeno Greta sia ingannevole e controproducente l’ho spiegato in un mio articolo su Formiche, che vi riporto: https://formiche.net/2019/03/greta-ambiente-ambientalismo-clima/


Le leggi di iniziativa popolare non funzionano. Un giretto su Wikipedia, se proprio non abbiamo tempo di riaprire la Costituzione, può farci capire molte cose. Vi sottolineiamo un passaggio: “Nella legge nazionale che disciplina la materia non è mai stato inserito un termine massimo entro cui portare in discussione una proposta di iniziativa popolare“. Ciò significa, in parole povere, che anche se +EUROPA riuscisse a raccogliere le firme necessarie a portare la proposta di legge in Parlamento, sarebbe comunque necessario che un numero congruo di Onorevoli si attivasse per metterla all’Ordine del Giorno. E da lì in poi molte cose potrebbero succedere… come ad esempio che venga approvata così com’è a maggioranza, o totalmente stravolta, o ancora… che venga bocciata e non se ne parli più.

E. Pinelli: stiamo ricorrendo alla campagna d’iniziativa popolare perché per tutta la scorsa legislatura avevamo già provato a spingere la riforma per vie parlamentari. A parte i leghisti, che chiesero fin da subito “Ma questa riforma non ci farebbe fare quota 100?” e si tirarono indietro, tutti gli altri, da Grillo alla Meloni, lì per lì firmarono e si presero l’impegno, salvo poi scomparire nel nulla e fare finta di niente.


L’apposita Commissione Parlamentare prevista dalla Legge di iniziativa popolare di +EUROPA sarebbe manipolabile o ignorabile dal Governo in carica, proprio come tutte le altre Commissioni. Avete presente le recenti Leggi di Bilancio tragicomiche emanate dal Governo del Cambiamento, e la relativa DEF (Documentazione Economica Finanziaria) ridicola che ogni volta le accompagna? Ecco: per forza o per amore, la Commissione Bilancio ogni volta le approva. Dobbiamo aggiungere altro?

E. Pinelli: siamo consapevoli che alla fine il “boccino d’oro” ce l’abbiano i partiti più rappresentati in Parlamento, ma questa iniziativa serve, per l’appunto, a metterli con le spalle al muro, convincendoli a sostenerla o smascherando tutte le loro recenti e miracolose conversioni ecologiste.


Oltre a ringraziare Emanuele per l’attenzione e per la sollecitudine a risponderci in maniera molto cordiale e disponibile, speriamo che questo piccolo scambio possa aiutare i nostri Soci e affezionati a prendere una posizione su questa campagna che, pur rimanendo con alcuni dubbi, continuiamo a trovare positiva.

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